Torre di Lama Castello |
Chiesa di S. Maria della Misericordia |
Torre limitrofa alla ferrovia, allo stabilimento A.F.P. e villa Enza. La torre è costituita da tre piani. E’ presente una scala esterna per l’accesso al primo piano. Il secondo piano è invece pericolante. Sul tetto in direzione dell’ingresso c’è una caditoia. E’ da considerare il buono stato di conservazione della torre. Probabilmente la sua presenza, che fungeva da opera di difesa, ha dato la denominazione alla lama che si trova nelle vicinanze detta appunto “Lama castello”.
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Chiesa ad una navata, ha una copertura a due falde, sul lato sinistro sporge un’abside, sul fronte è presente un campanile a vela a un fornice, una finestra circolare, due monofore poste ai lati, uno stemma episcopale e una iscrizione lapidaria. Ai lati della porta d’ingresso ci sono dei fori. All’interno si trova un altare principale con un affresco della Vergine Maria, mentre a sinistra esiste un altare proveniente dalla cappella di Torre del Tuono, con la statua dell’arcangelo Michele posta in una nicchia, e una iscrizione commemorativa. La chiesa si presenta in discreto stato di conservazione. Fu eretta sulle rovine di un’antica cappella detta di Pantaleo, già distrutta nel 1529 dal Principe di Melfi, in fondo alla quale esisteva un affresco conosciuto come Madonna dello Spasimo. Una leggenda locale vuole che in quel luogo durante il primo millennio sorgesse un tempio dedicato alla dea Minerva. Fu iniziata nel 1612 per volontà del vescovo Giulio Masi e fu terminata nel 1624, quando lo stesso presule fiorentino la consacrò solennemente col titolo di Maria Santissima della Misericordia, forse ispirato dalla omonima confraternita di Firenze, fondata nel 1240. La chiesa appartiene alla Cattedrale. Sempre secondo la leggenda, agli inizi del XIII secolo furono asportate dal tempio dedicato alla dea Minerva, le dodici colonne di marmo numidico, che ornano la cattedrale sino alla prima metà del 1700, quando il vescovo Mercurio le fece togliere e sostituire con pilastri in pietra calcarea
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Casina della Principessa |
Torre S. Agostino |
Villa seicentesca che s’innalza su tre piani attualmente abitata da tre famiglie; risulta in buono stato di conservazione ma frazionata. Un portale dà l’accesso al complesso. Al piano terra esiste un bel porticato a sette arcate ed è attorniata da ampio giardino. Il complesso era un’antica dimora della famiglia di Nicolò Giudice che aveva il titolo di Duca di Giovinazzo e Principe di Cellamare, e che la fece costruire, aveva un lunghissimo viale d’accesso con un portale che era sormontato da una iscrizione, demolita nel 1881, che oggi in parte è murata nel muro di recinzione che circonda la villa. Tale viale iniziava dall’attuale piazza Vittorio Emanuele II ed era alberato. E’ oggi denominata anche Villa Sabina. Nel giardino retrostante sono presenti una piccola fontana ed una garitta forse utilizzata in passato come postazione per la caccia. Nella parte antistante la villa è visibile la pista ovale che consentiva il transito delle carrozze.
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Torre costruita su due piani adiacente alla statale 16, in buono stato di conservazione ed adibita ad abitazione. Al primo piano è presente un’ampia veranda e una colombaia su un lato. Sul tetto si trova un’altra condotta fumaria che indica la presenza di un camino all’interno. Ha pianta rettangolare.
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Torre Arsa
Torre che si estendeva su due superfici, a base rettangolare; al primo piano era presente una finestra che guardava sulla strada. Nei primi anni ’90 è stata sciaguratamente in parte demolita ed oggi si presenta come un rudere a solo pianterreno in pessimo stato di conservazione; sono visibili archi a tutto sesto che fanno presumere la presenza di volta a crociera composta da pietra calcarea e blocchetti di tufo; è annesso un piccolo ambiente chiuso. Secondo lo Zagami potrebbe aver vissuto un passato burrascoso in quanto la denominazione fa pensare all’ipotesi che sia stata bruciata dai saraceni, sconquassata dai tiri dell’artiglieria austriaca durante la battaglia di Bitonto del 25 maggio 1734 o colpita da un fulmine.